Come iniziare a scrivere un libro?

Perché non cominciare dal “Capitolo 1”

Come iniziare a scrivere un libro

Oggi occorre molto lavoro da fare prima del fatidico primo capitolo: la scrittura è solo una delle tappe per creare un libro.

C’è un’immagine che è quasi una fotografia: quella dello scrittore davanti alla macchina da scrivere che batte sui tasti “Capitolo 1” e via a capo con una bella descrizione del tempo atmosferico.

Indubbiamente è questo il metodo con cui molti scrittori iniziano a scrivere un libro – e questo è stato anche il mio metodo quand’ero ragazzo: infatti collezionai almeno una decina di inizi di romanzi fantasy, senza mai proseguirne alcuno.

È un metodo che per me non funziona. Anzi, aggiungo che forse è un metodo che funzionava un tempo, quando non c’erano così tanti lettori né così tanta offerta né le stesse esigenze di oggi.

È un errore scrivere un libro come si faceva un tempo

Oggi i lettori sono più smaliziati di ieri, hanno letto più opere, sono cresciuti nel mondo delle immagini, con più fumetti e più film a disposizione. Hanno assorbito storie fin dall’infanzia.

La narrativa è cambiata, ce ne siamo accorti da tempo. E non sempre in meglio, devo dire. Alcuni generi letterari, come fantasy e fantascienza, sono stati intasati da interminabili saghe, trilogie, tetralogie, fuffologie.

Anche la saggistica è cambiata, abbracciando qualsiasi argomento. In particolar modo scrivere un saggio, oggi, comporta forse più documentazione di ieri, in virtù sia della mole maggiore di saggi presenti sia di nuove scoperte o tendenze.

Soprattutto, anche le case editrici sono diventate più esigenti. Che poi non pubblichino sempre opere di qualità è un dato di fatto. Le barzellette di certi calciatori o i tanti libri dei personaggi dello spettacolo che spuntano ogni mese sono però libri che vendono, perché hanno già un pubblico.

Non possiamo farci niente. Finché c’è gente che li compra, gli editori continueranno a pubblicarli.

Gli scrittori che si autopubblicano non sono certo esenti da queste considerazioni: anche loro devono fare i conti con i cambiamenti avvenuti nell’editoria e nei lettori.

Come iniziare a scrivere un libro?

Quando mi veniva un’idea per un libro – romanzo o saggio – mi prendeva la frenesia e non vedevo l’ora di finirlo, tanto che iniziavo subito a scrivere. Per poi non finirlo, ovviamente.

Ho imparato la lezione. Ho capito che un libro è un progetto editoriale, di cui la scrittura è soltanto una parte, anche se fondamentale. Ma non è l’unica parte che conta, perché contano tutte, almeno se si vuol confezionare un buon libro.

Un libro non si scrive a partire dal primo capitolo, perché c’è del lavoro da fare prima di arrivare a quel punto. C’è una fase preparatoria, fatta di ragionamenti, di dubbi, di ipotesi e soluzioni, di letture propedeutiche, di organizzazione della materia.

Un lavoro noioso? No, assolutamente. È un lavoro formativo, che accresce la propria cultura. È un lavoro creativo, anche, non solo perché rappresenta le basi della creatività, ma perché ogni azione porta a una creazione: da un dubbio nasce un’ipotesi, da un’ipotesi si sviluppa una certezza.

Oggi, forse, scrivere un libro è più difficile di ieri, ma allo stesso tempo è anche più stimolante, perché rappresenta una sfida.

Il progetto editoriale

Una buona parte del lavoro spetta allo scrittore, parte che non si limita alla scrittura. La scrittura non va vista soltanto dal punto di vista artistico, come molti vorrebbero. È semplicistico e riduttivo vederla a quel modo.

Da bravi pignoli possiamo elencare tutte le tappe che portano alla creazione di un libro, che possiamo sintetizzare nelle seguenti:

  1. Idea: deve essere forte, altrimenti scompare dalla mente.
  2. Fattibilità: siamo sicuri che funzioni? Ho cancellato parecchie idee negli anni.
  3. Documentazione: ci permette di addentrarci nella materia.
  4. Progettazione: è l’organizzazione della materia.
  5. Scrittura: finalmente si scrive!
  6. Revisione: si rilegge tutto e si apportano modifiche.
  7. Editing: consigli di revisione da parte di un esperto.
  8. Correzione delle bozze: per eliminare errori di battitura e sviste (che chissà perché si trovano sempre nei libri).
  9. Progetto grafico: dalla realizzazione della copertina alla grafica interna.
  10. Impaginazione: si mette insieme tutto e si invia il file alla tipografia.
  11. Stampa: il libro è pronto per essere venduto.
  12. Distribuzione: le copie si distribuiscono alle librerie e ai negozi online.
  13. Vendita: le copie sono ora disponibili nelle librerie e nel web.
  14. Marketing e pubblicità: operazioni per far conoscere il libro al mondo intero.

Le prime 6 tappe spettano all’autore, che interviene anche nella 7a. E dovrebbe intervenire anche nell’ultima.

Come possiamo vedere, prima di arrivare al primo capitolo ci sono ben 4 tappe da raggiungere. L’errore frequente è passare dalla 1a alla 5a, saltando quelle centrali. E un altro errore è passare dalla 5a alla 10a

Prima di iniziare a scrivere un libro, bisogna pensarci bene: quando ho avuto l’idea per il mio saggio politico, non ero affatto sicuro di riuscire a trasformarla in un libro. Non avevo mai scritto un’opera del genere.

Ho buttato giù degli appunti, scrivendo di getto dei pensieri che avevo in testa, per fermarli. Poi ho abbozzato una struttura, con i primi temi da trattare che mi sono venuti in mente, ma dopo le tante letture per la documentazione ho totalmente modificato quella struttura e riscritto i primi appunti. Non avevo un primo capitolo.

Adesso so come iniziare a scrivere un libro: ragionandoci sopra, appuntando idee, leggendo. Il primo capitolo può aspettare.

12 Commenti

  1. Franco Battaglia
    giovedì, 13 Gennaio 2022 alle 10:08 Rispondi

    Qualcuno pensa mai che più che l’inizio serve un finale efficace? A volte credo che si ossequi uno spunto, un’idea – anche valida – di partenza, senza preoccuparsi di un epilogo all’altezza.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 13 Gennaio 2022 alle 14:02 Rispondi

      Serve un inizio come un buon finale, anche, certo. L’inizio buono ti fa continuare a leggere, il finale buono ti lascia soddisfatto.

  2. Fabio Amadei
    giovedì, 13 Gennaio 2022 alle 13:36 Rispondi

    “L’idea che gli scrittori, prima di cominciare una storia, abbiano davanti a loro uno schema preciso di quello che faranno è tra le più sbagliate che ci siano. Si naviga a vista, lasciando che la storia prenda forma da sé”. Questo dice Roberto Cotroneo nel suo manuale di scrittura creativa. Su tale argomento ci sono punti di vista divergenti. Credo sia la buona idea a fare la differenza e pure il tipo di storia che si vuole scrivere. In un giallo penso sia importante preparare una scaletta. In una storia d’amore forse non è necessaria. Forse la verità sta nel mezzo come sempre. Tu cosa ne pensi?

    • Daniele Imperi
      giovedì, 13 Gennaio 2022 alle 14:04 Rispondi

      Cotroneo ha ragione, ma comunque qualcosa della storia devi avere davanti, a prescindere dal genere narrativo. Non credo che qualcuno inizia a scrivere alla cieca.

  3. Orsa
    giovedì, 13 Gennaio 2022 alle 13:57 Rispondi

    Mamma mia, è tutto giusto per carità, ma non posso fare a meno di fare un parallelismo con i passaggi della burocrazia… ci manca solo la visura catastale (catasto libri) :P Detto questo, mi hai fatto venire voglia di approfondire il tema e saperne di più sull’evoluzione della figura dell’editore: esattamente come (il quando si sa già, con l’invenzione della tipografia) è avvenuto il passaggio, come cioè la figura del libraio-editore è stata sostituita da quella dell’editore? Anche gli scrittori dell’Ottocento progettavano i loro romanzi e i loro saggi in questo modo? In che rapporti erano con i propri editori? E soprattutto, dove si trovano le macchine da scrivere marca “Enigma”? ;)

    • Daniele Imperi
      giovedì, 13 Gennaio 2022 alle 14:07 Rispondi

      I passaggi della burocrazia non sono necessari, ma quelli che portano alla vendita di un libro sì, perché sono passaggi naturali.
      Non ho idea di come gli scrittori dell’Ottocento progettassero i loro romanzi e saggi e quali fossero i rapporti con gli editori. Forse il passaggio dal libraio-editore all’editore avvenuta quando sono aumentati i libri da pubblicare.

  4. Luciano
    venerdì, 14 Gennaio 2022 alle 9:39 Rispondi

    La prima volta si ha voglia e fretta di cominciare a scrivere, e il primo capitolo viene quasi di getto, lì per lì restituendoci anche una certo autocompiacimento. Così è stato per me, salvo poi rileggerlo qualche giorno dopo è scoprire che non poteva funzionare. La forma era anche abbastanza buona, ma quante ingenuità e cose poco approfondite conteneva. Così lo si accantonai, pensando di avere perso tempo, ma non fu così, perché lì dentro avevo comunque descritto alcuni fatti e personaggi che poi, una volta che iniziai a scrivere “veramente”, finii per ripescare. La considerai una specie di prova, quasi un passaggio obbligato per saggiare le potenzialità del romanzo. Alla fine mi resi conto che quasi tutto quello che avevo scritto fu ripreso e inserito nel romanzo ( la maggior parte di quelle idee confluirono addirittura nel capitolo sesto), quasi nulla andò sprecato. Mi sono pertanto convinto che il primo vero capitolo deve necessariamente essere scritto quando si è pronti, che non vuol dire avere pianificato tutto, ma abbastanza. Ciò non toglie tuttavia che nel frattempo è bene scrivere, come fosse una sorta di allenamento propedeutico necessario, perché le idee bisogna coglierle quando passano, e nulla è meglio che fermarle nero su bianco.

    • Daniele Imperi
      venerdì, 14 Gennaio 2022 alle 14:53 Rispondi

      Anche io dei primi capitoli del mio romanzo ho ripreso e usato molto, e molto ho tagliato anche.
      Fermare le idee sì, appuntare quello che viene in mente e che potrà tornare utile o meno.

  5. Luciano
    venerdì, 14 Gennaio 2022 alle 9:42 Rispondi

    Ho scritto di getto dal cellulare e ovviamente ci sono alcuni refusi (cvd).

  6. stefano
    lunedì, 24 Gennaio 2022 alle 9:02 Rispondi

    Il post è molto interessante.

  7. Grazia Gironella
    venerdì, 28 Gennaio 2022 alle 16:53 Rispondi

    Fino all’ultimo romanzo ho sempre progettato la storia in modo abbastanza preciso, anche se non rigido. In questo caso, però, stavo faticando a preparare una scaletta di massima. Nel timore di essere soltanto bloccata, mi sono detta: proviamo a buttarci, suvvia! Ci sono tanti metodi, e tanti autori per cui funziona… Bene, questa è la mia conclusione: “buttarmi” coincide con il buttare tempo ed energie, perché i nodi prima o poi arrivano al famoso pettine. In futuro progetterò per tutto il tempo necessario, e se non riuscirò a progettare a dovere, allora forse vorrà dire che la storia non merita di essere scritta.

    • Daniele Imperi
      venerdì, 28 Gennaio 2022 alle 16:56 Rispondi

      Per lo stesso motivo preferisco anche io non buttarmi. Magari semplicemente quel metodo funziona per alcuni e non per altri.

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